IL TESORO DI VILLA D’AYALA-VALVA.

Cartolina degli anni sessanta

Nei giorni scorsi la cronaca provinciale ha dato ampio risalto al recupero di 17 opere d’arte, appartenenti a Lord Neville Reid, proprietario fino agli anni settanta del secolo scorso della splendida villa Rufolo a Ravello. Un vaso di bronzo, un dipinto ad olio e 15 acquerelli andranno quanto prima ad arricchire uno dei luoghi più affascinanti di quella perla del turismo mondiale che è la costiera amalfitana.

Questo episodio mi induce a fare qualche riflessione su un tesoro poco conosciuto, che una volta era custodito nel castello dei d’Ayala-Valva e che da qualche decennio è condannato ad un esilio forzato, probabilmente tra Napoli e Roma, negli storici palazzi che in quelle città possiede il Sovrano Militare Ordine di Malta, proprietario sia del castello di Valva che dell’annesso parco.

Tutto ebbe inizio nell’aprile del 1975 quando ignoti ladri portarono via dal castello quasi tutta l’argenteria. Si parlò allora di oltre cinquecento pezzi del peso di oltre due quintali. Fu un furto clamoroso, che rivelò l’estrema facilità con cui si poteva accedere ad ambienti stracolmi anche di tele, mobili antichi, porcellane, biancheria di pregio, ceramiche, cristalleria, armi, lampadari, specchi, libri e stampe, orologi, bronzi, busti in marmo. L’Ordine di Malta, per evitare il peggio, qualche mese dopo il furto decise di trasferire in un luogo sicuro gli oggetti ritenuti di maggior pregio. Un nuovo massiccio trasferimento avvenne subito dopo il terremoto del 1980, a causa dei gravissimi danni subiti dall’immobile, ed, infine, lo svuotamento del castello fu completato dopo la morte nel 1989 del barone Christian von Hauschka, amministratore dei beni dell’Ordine in Valva.

Lo Stato italiano ha fino ad oggi investito ingenti risorse, sia pure ancora non sufficienti, per restituire villa d’Ayala al suo antico splendore. Subito dopo il terremoto il Ministero dei Beni Culturali finanziò il recupero della torre normanna e la costruzione di un palco nell’anfiteatro; nel periodo 1999-2004 la Provincia provvide a finanziare prima la messa in sicurezza strutturale del castello, poi i primi interventi di restauro, ivi compresa la torre che affaccia su Piazza Rimembranza e più tardi anche un sistema di video sorveglianza. Non sono mancati anche finanziamenti della Regione, che hanno consentito il recupero funzionale di un’ala del castello ed il restauro di buona parte del ricchissimo patrimonio statuario. La Soprintendenza stanzia da qualche annuo anche risorse per la manutenzione, inserendo villa d’Ayala tra i beni a cui dedica maggiore e costante impegno. Insomma, prima o poi il castello sarà finalmente recuperato del tutto. La domanda che pongo è la seguente: il tesoro attualmente in esilio tornerà a casa?

Chi scrive, essendo un valvese, potrebbe essere tacciato di partigianeria e di campanilismo nel dare eccessiva importanza a cose che tanto importanti poi non sono. Per confutare questo argomento mi basta fare riferimento solo ad una parte del tesoro in esilio e ,cioè, ai dipinti. Quella del marchese era, infatti, una pinacoteca di tutto rispetto con circa duecento quadri. Fra di essi vi erano opere di Battistello Caracciolo (vedi foto sotto), Massimo Stanzione, El Greco, Carlo Dolci, Giacinto Gigante, Giuseppe de Ribera, Salvator Rosa.

Battistello Caracciolo (Napoli 1575 circa - 1635 ivi). Compianto di Adamo ed Eva sul corpo di Abele.

La grande qualità della pinacoteca del marchese è confermata dal dono di ben quattro dipinti di soggetto religioso e di scuola caravaggesca, che egli fece alla Chiesa della Congregazione, adiacente al castello. Ebbene, i quattro dipinti, tre dei quali custoditi alla certosa di Padula ed il terzo andato disperso per un altro furto, hanno suscitato in passato per la loro bellezza l’interesse  degli studiosi ed uno di essi (vedi foto sotto) fu anche esposto in una grande mostra che si tenne a Siviglia negli anni novanta.

Enrico il Fiammingo (attivo 1624-41). Compianto su Cristo morto, (ante 1630). Attualmente presso Certosa di Padula.

In conclusione, se alla domanda innanzi formulata si darà una risposta affermativa si rispetterà innanzitutto la volontà dell’ultimo marchese, Giuseppe, che nel suo testamento disponeva che i mobili, gli oggetti, i quadri, le statue e le opere d’arte dovessero restare nello stato e nel posto in cui si trovavano all’atto del suo decesso. Ma si restituirà anche all’antico maniero quel fascino di nobile residenza, che, in uno alla bellezza del giardino storico, ne farà uno dei punti di riferimento più importanti per il turismo culturale nella nostra regione.

                             Michele Figliulo

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